Scuole aperte si, scuole aperte no. Nel dibattito tutt’ora in corso su quali siano le azioni migliori per fronteggiare la recrudescenza della pandemia, non emerge un dato socialmente e umanamente rilevante, quanto, cioè, la didattica a distanza possa colpire particolarmenteprofondamente una rilevante fascia di studenti fragili. Con l’avvento della DAD, infatti, la partecipazione degli studenti con disabilità alle classi è diminuita, in netta controtendenza rispetto ai risultati raggiunti dalle politiche di inclusione attuate degli ultimi anni e per le quali il loro numero era fortemente cresciuto, tanto che nell’anno scolastico 2019/2020 se ne erano iscritti 13mila in più rispetto all’anno 2018/2019 e nel 20/’21 circa 4mila in più rispetto all’anno precedente (+2%).
La Dad che esclude gli studenti disabili
Secondo le fonti del Miur, lo scorso anno in Italia sono stati più di 300mila gli alunni frequentanti con disabilità, pari al 3,6% degli iscritti ma il protrarsi della didattica virtuale ha reso più complesso il loro processo d’inclusione scolastica, ostacolandone l’interazione tra i coetanei e limitandone la partecipazione alla didattica. Secondo il report dell’Istat sull’inclusione scolastica degli alunni con disabilità i motivi principali che ne hanno limitato la partecipazione alla Dad sono la gravità della patologia (26%), il disagio socio-economico, la difficoltà organizzativa della famiglia (entrambi al 14%) e la mancanza di strumenti tecnologici adeguati.
Altro motivo di esclusione è da imputare alla difficoltà di riuscire ad adattare il Piano Educativo per l’Inclusione (PEI) alla didattica a distanza (6%) e alla mancanza di ausili didattici specifici (2%). Il 41% degli studenti con disabilità ha preso parte alla DAD al pari degli altri, ovvero con lezioni a distanza in collegamento con tutti i docenti (curricolari e per il sostegno) e insieme all’intera classe ma per il 38% di alunni la scuola ha invece organizzato percorsi personalizzati con il coinvolgimento dei coetanei, al fine di evitare l’isolamento dal gruppo dei pari. Per questi studenti, nei periodi in cui la classe ha seguito le lezioni a distanza, la didattica si è svolta sempre in presenza con l’insegnante per il sostegno e con un gruppo ristretto di compagni anch’essi in presenza (25%) o collegati da remoto (13%). Per la quota residua non si è riusciti a garantire l’interazione con i coetanei. Alla percentuale di alunni completamente esclusi dalle attività didattiche svolte a distanza (2%) si aggiunge, dunque, un 19% di studenti con disabilità che ha fatto lezione con il solo insegnante per il sostegno, senza il coinvolgimento dei compagni e degli altri docenti.
Se, dunque, l’organizzazione scolastica sembra aver fatto qualche progresso in termini di inclusività, permangono ancora troppi ostacoli. Le barriere fisiche ne sono un esempio eclatante. Soltanto una scuola su tre risulta accessibile per gli alunni con disabilità motoria e l’assenza di un ascensore o la mancanza di un ascensore adeguato sono gli ostacoli più diffusi (45%). Ma la Dad ha evidenziato un altro problema rilevante, ossia la carenza di offerta di insegnanti qualificati al sostegno, spesso anche affiancata da un ritardo nell’assegnazione dell’insegnante al ragazzo che ne necessita. Dei 191mila insegnanti di sostegno incaricati nell’anno scolastico 2020-2021, circa 65mila (il 34%) sono stati selezionati dalle liste curricolari, si tratta cioè di insegnanti che non hanno una formazione specifica, impegnati nelle classi frequentate da alunni con disabilità per far fronte alla carenza di figure specializzate. Questo fenomeno è più frequente nelle regioni del Nord, dove la quota di insegnanti curricolari che svolge attività di sostegno sale al 44% mentre si riduce nel Mezzogiorno, attestandosi al 20%.