I volontari e le volontarie di Baobab Experience dal 2015 offrono il loro aiuto ai migranti che transitano nella Capitale nella speranza di raggiungere altre mete europee. Si tratta di persone che spesso si ritrovano per strada, senza un supporto da parte della autorità, aiutati solo dal generoso intervento dell’associazione umanitaria che presta cure mediche e consulenze legali, cibo e coperte. Per questo oggi il loro presidente, Andrea Costa, si ritrova sotto accusa, in attesa di una sentenza che potrebbe condannarlo fino a 18 anni di reclusione.
Il capo di accusa
Secondo un comunicato dell’associazione, il motivo dell’incriminazione è l’aver prestato soccorso a 9 migranti regolari – sottolineiamo regolari -, 8 ragazzi sudanesi e un ragazzo ciadiano, “in fuga dalle violenze dei rispettivi Paesi, sgomberati, umiliati e abbandonati a Roma da un’amministrazione ostile, dopo aver saputo che il campo della Croce Rossa della Capitale è in condizioni di sovraffollamento”. In quella circostanza, come in altre migliaia di circostanze simili, i volontari e le volontarie di Baobab Experience hanno offerto il loro supporto per identificare il biglietto del treno o del bus più economico, per contribuire all’acquisto dei titoli di viaggio per coloro che non posseggono le risorse economiche per sostenere il costo di un biglietto, per preparare kit con l’essenziale per affrontare lo spostamento, contenente un pranzo al sacco e prodotti per l’igiene. Il “crimine” è che quel biglietto acquistato aveva come meta il campo della Croce Rossa di Ventimiglia e per questo la procura ha supposto che fosse un aiuto improprio al superamento del confine con la Francia.
Esiste una lacuna nella nostra legislazione
C’è un vuoto normativo nel nostro ordinamento a monte di questa assurda situazione: è il mancato recepimento della direttiva 2002/90/CE del Consiglio – nota come “Facilitation Directive” – che fornisce una definizione comune del concetto di favoreggiamento dell’immigrazione illegale e stabilisce che gli Stati membri possono introdurre una clausola umanitaria, che mette gli operatori e i volontari che prestano assistenza umanitaria al riparo dal rischio di finire sotto processo. Ancora oggi, nel nostro ordinamento, non è stata introdotta alcuna differenza tra trafficanti di esseri umani e solidali, nessuna differenza, cioè, tra chi specula su viaggi dei migranti chiedendo denaro e chi, invece, il denaro lo dona. Tra chi colpevolmente facilita il transito delle frontiere e chi semplicemente presta soccorso a chi transita sul nostro territorio e vive in quel limbo burocratico tra la schedatura all’arrivo e il pronunciamento delle autorità sul riconoscimento del diritto d’asilo.
Il 3 maggio la sentenza di primo grado
Tra due settimane circa sarà emessa la sentenza di primo grado che potrebbe equiparare Andrea Costa ai terribili trafficanti che agiscono impunemente nelle stazioni ferroviarie italiane e che “quel biglietto se lo fanno pagare caro – spiega Baobab -, anche con la vita, che vendono documentazione falsa al prezzo di una illusione e speculano sulla fragilità di persone abbandonate a loro stesse”. Tutto parte da una intercettazione degli inquirenti di una telefonata del presidente dell’associazione che parla di 9 giovani migranti che, all’indomani dello sgombero del presidio umanitario di Baobab Experience a Roma, desiderano raggiungere il Campo della Croce Rossa di Ventimiglia.
Il 2016, l’anno terribile per il Sudan e il Ciad
È il 2016, l’anno in cui le ong che salvano i migranti nel Mediterraneo vengono definite “amici dei trafficanti” e “taxi del mare”. Ed è anche l’anno in cui in Sudan imperversa il momento più atroce di un conflitto interno perdurante e lacerante, caratterizzato da ripetute e seriali violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani. Nel 2016, il Sudan è il quinto Paese di origine per numero di rifugiati al mondo, di cui oltre il 90% si vede riconoscere la protezione internazionale. Anche in Ciad, Paese di provenienza di uno dei 9 ragazzi soccorsi da Costa, è il momento in cui, alla recrudescenza dell’estremismo violento ad opera del gruppo terroristico nigeriano Boko Haram, si aggiunge la feroce “risposta” delle forze di sicurezza.