L’intensificarsi dei principali fattori che concorrono alla insicurezza alimentare e malnutrizione di milioni di persone nel mondo, come conflitti, condizioni climatiche estreme e shock economici, uniti all’alto costo degli alimenti, continuano a peggiorare i bilanci e le crescenti disuguaglianze. E così sarà fino alla trasformazione dei sistemi agroalimentari. Il Rapporto annuale della FAO, “The State of Food Security and Nutrition in the World” (SOFI), testimonia che il mondo sta facendo un passo indietro nei suoi sforzi per porre fine a fame e malnutrizione, allontanandosi dai 17 obiettivi del “Sustainable Development Goals” (Sviluppo Sostenibile), individuati dall’Onu nel 2015, quando fu lanciata l’iniziativa Fame Zero, da raggiungere entro il 2030.
Il numero di persone che soffrono la fame nel mondo è salito a 828 milioni nel 2021, con un aumento di circa 46 milioni rispetto al 2020 e 150 milioni dallo scoppio della pandemia di COVID-19, raggiungendo il 9,8% della popolazione mondiale. Se, invece, parliamo di condizioni di insicurezza alimentare moderata o grave nel 2021 ne sono state colpite 2,3 miliardi e quasi 3,1 miliardi di persone non si sono potute permettere una dieta sana nel 2020, 112 milioni in più rispetto al 2019, riflettendo gli effetti dell’inflazione sui prezzi dei generi alimentari al consumo.
Bambini e donne i più fragili
Secondo il Rapporto SOFI, circa 45 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni hanno sofferto negli anni scorsi di deperimento, la forma più mortale di malnutrizione, che aumenta il rischio di morte dei bambini fino a 12 volte. Inoltre, 149 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni avevano una crescita e uno sviluppo stentati a causa di una mancanza cronica di nutrienti essenziali nella loro dieta, mentre 39 milioni erano in sovrappeso. Anche le donne rappresentano una fascia debole con il 31,9% di persone di genere femminile moderatamente o gravemente insicure dal punto di vista alimentare, rispetto al 27,6% degli uomini, con un divario di oltre 4 punti percentuali, accresciuto rispetto ai 3 punti percentuali nel 2020.
Riqualificare le politiche agricole
Anche guardando al futuro, le proiezioni indicano che nel 2030 ancora 670 milioni di persone (l’8% della popolazione mondiale) potrebbero dover patire la fame cronica, pur considerando una ripresa economica globale. “La questione in gioco – si legge nel Rapporto – non è se le avversità continueranno a verificarsi o meno, ma come dobbiamo intraprendere azioni più audaci per costruire la resilienza contro gli shock futuri”. Il sostegno mondiale al settore alimentare e agricolo è stato in media di quasi 630 miliardi di dollari l’anno tra il 2013 e il 2018, ma gran parte di questo sostegno sta distorcendo il mercato e non sta raggiungendo molti agricoltori, danneggia l’ambiente e non promuove la produzione di cibi nutrienti che costituiscono una dieta sana. Le sovvenzioni spesso mirano alla produzione di alimenti di base, latticini e altri alimenti di origine animale, soprattutto nei Paesi ad alto e medio reddito. Riso, zucchero e carni di vario tipo sono gli alimenti più incentivati in tutto il mondo, mentre frutta e verdura sono relativamente meno supportate, in particolare in alcuni Paesi a basso reddito.
Martina: “Numeri preoccupanti”. Investire meglio gli incentivi
Se i Governi, suggerisce la FAO, riutilizzassero le risorse che stanno investendo per incentivare la produzione, la fornitura e il consumo di cibi nutrienti, contribuirebbero a rendere le diete sane meno costose, più convenienti ed eque per tutti. Infine, potrebbero fare di più per ridurre le barriere commerciali per gli alimenti nutrienti, come frutta, verdura e legumi. “Sicuramente – ha dichiarato il Vice direttore Fao, Maurizio Martina – per far fronte a questa situazione in peggioramento occorre intensificare le politiche agricole soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Occorre un’iniziativa straordinaria. I passi che l’Europa sta facendo, in primis nella cooperazione con il grande continente africano, sono essenziali. Occorrerà essere molto concreti e molto operativi, spendere bene le risorse a disposizione e farlo soprattutto pensando ai piccoli e medi agricoltori di quelle terre”.