Stupri e guerre. Una tragedia nella tragedia

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In un mondo in cui i conflitti armati continuano a devastare intere regioni, si è spesso anche testimoni di una delle forme più disumane di brutalità: la violenza sessuale a danno dei prigionieri, per lo più civili. Il 19 giugno del 2015 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito la “Giornata Internazionale contro la Violenza Sessuale nei conflitti” per porre fine a questa tragedia nella tragedia e per onorare le migliaia di vittime che l’hanno subita. La data coincide con l’adozione della Risoluzione 1.820 del 2008 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha riconosciuto come la violenza sessuale rientri nella strategia bellica e come rappresenti una minaccia per la pace e la sicurezza mondiali, chiedendo l’immediata e completa cessazione di tali atti contro i civili da parte di tutti gli attori coinvolti in un conflitto armato. Questa ferocia nelle guerre non si limita solamente all’atto in sé, ma comprende anche le offese verbali, lo stupro, la schiavitù, la prostituzione forzata e altre forme di violenza sessuale direttamente o indirettamente collegata a un conflitto.

Una fattispecie del reato di genocidio

È stata fatta rientrare anche nel crimine di genocidio, in particolare nelle azioni intese a danneggiare gravemente l’integrità fisica e mentale di un gruppo e nelle misure volte a impedire la riproduzione dello stesso. La giurisprudenza penale internazionale ha sottolineato l’importanza di affrontare questa piaga. La sentenza del Tribunale Penale per la ex Jugoslavia nel caso Karadžić and Mladić ha evidenziato come lo stupro fosse utilizzato come strumento per generare figli di origine serba, mentre le donne venivano rese prigioniere per impedirne l’aborto. Tuttavia, la lotta contro la violenza sessuale nei conflitti non è solamente affidata ai tribunali internazionali. In Guatemala, per la prima volta, un tribunale nazionale ha perseguito e condannato due ex comandanti per il reato di schiavitù sessuale perpetrato durante la guerra civile durato 36 anni. Queste sentenze storiche hanno rappresentato un passo significativo verso la giustizia per le vittime e la punizione dei responsabili. Anche la Corte Penale Internazionale ha emesso la sua prima condanna per schiavitù sessuale come crimine di guerra contro Jean-Pierre Bemba, comandante del Movimento di Liberazione del Congo.

I responsabili dovrebbero risponderne nei tribunali internazionali

Fortunatamente la consapevolezza di questa realtà sta crescendo e organizzazioni come l’Onu stanno lavorando per sensibilizzare l’opinione pubblica, promuovendo la prevenzione e garantendo il sostegno alle vittime. Eventi e conferenze si tengono in tutto il mondo, inclusa l’Italia, per approfondirne la comprensione e discutere delle strategie per eliminarlo. La Giornata Internazionale contro la Violenza Sessuale nei conflitti rappresenta un’importante occasione per ricordare l’urgenza di agire per porre fine a queste terribili pratiche, come un richiamo all’azione collettiva, affinché le voci delle vittime siano ascoltate e i responsabili siano chiamati a rispondere delle loro azioni davanti alla giustizia internazionale e nazionale.