La regolamentazione delle lobby non è un’impresa né facile né mai definitiva. La materia è complessa, riguarda il cuore della democrazia: il rapporto tra interessi privati e decisioni pubbliche. La democrazia senza interessi non esiste. E chi sostiene il contrario o mente sapendo di mentire o ha bisogno di studiare un po’ meglio la materia.
Negli Stati Uniti cominciarono negli anni Trenta scrivendo regole per i lobbisti stranieri. Non a caso. Poi hanno continuato regolamentando prima le attività lobbistiche presso il Congresso e in seguito anche quelle presso l’Amministrazione. Poi hanno ritoccatole leggi più volte aumentando la trasparenza e rendendo sempre più strette e dettagliate, in alcuni casi al limite della pedanteria le regole di comportamento non solo dei lobbisti ma anche dei decisori pubblici.
Le istituzioni europee, Parlamento, Commissione e Consiglio hanno stentato a dotarsi di regole comuni e stringenti. Si sono spesso accontentate di mere formalità burocratiche. Ma questo non è il motivo per cui sono avvenuti gli scandali oggetto delle inchieste sul Qatargate. La corruzione, la scorrettezza e l’infedeltà verso le istituzioni non derivano dalle norme che mancano ma dalle scelte di individui che decidono di scegliere la via del male. Una ipotetica legge perfetta sulle lobby non impedirebbe a nessun criminale di violarla. Regole più precise ed efficaci sono comunque necessarie e devono partire dal riconoscimento di questo principio:
Le lobby non sono il male, ma sono fondamentali per una formazione più consapevole delle decisioni democratiche.
Da questa premessa dovrebbe discendere un decalogo di regole:
- Le lobby devono rispettare l’autonomia dei decisori pubblici evitando qualsiasi forma di pressione indebita o di condizionamento evitando di fornire informazioni corrette e non fuorvianti ai decisori pubblici.
- Le lobby non devono nascondersi ma devono operare alla luce del sole dicendo chi sono, per chi lavorano e quante risorse impiegano per ogni singolo cliente
- Tutte le lobby hanno diritto di farsi sentire, senza discriminazioni o privilegi, utilizzando anche i siti delle istituzioni pubbliche
- Le posizioni che le lobby esprimono ai decisori pubblici devono essere pubblicate in totale trasparenza: si deve sapere chi vuole che cosa
- Le decisioni pubbliche non si vendono e non si comprano. Quindi non ci può essere nessuno scambio di carattere economico -diretto o indiretto- tra chi rappresenta interessi e chi decide in nome del bene comune.
- Il lobbista non deve mai essere coinvolto in operazioni di finanziamento ai partiti, ancorché regolarmente dichiarate
- Il decisore pubblico deve rifiutarsi di ricevere sollecitazioni da persone che non siano iscritte al registro dei lobbisti
- Il decisore deve tenere un’agenda pubblica degli incontri formali e informali che ha con i rappresentanti di interessi
- Chi riveste un incarico pubblico, dopo la fine del suo mandato per almeno due anni non può passare dall’altra parte e diventare lobbista
- A parte l’eventuale applicazione di norme penali, i comportamenti scorretti dei lobbisti e dei decisori pubblici dovrebbero essere oggetto di procedimenti disciplinari e puniti con elevate sanzioni pecuniarie, con la sospensione o la radiazione dal registro dei lobbisti, l’incandidabilità dei parlamentari e l’espulsione dall’Amministrazione pubblica dei funzionari
Basterà? No. Ma sarebbe un bel primo passo in avanti.