“Chi propugna la guerra a ogni costo come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali“
Così il Dizionario Sabatini Coletti. In pratica un guerrafondaio è fuori dal nostra Costituzione che “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Giuseppe Conte queste cose le sa. Eppure, con sconcertante disinvoltura, appioppa l’epiteto dispregiativo al governo Meloni che si appresta a confermare il sostegno militare al popolo ucraino contro l’aggressione russa deciso a suo tempo del Governo Draghi di cui Conte era un sostenitore. Quindi anche Draghi era guerrafondaio? E, seguendo questa strana logica… anche Conte è stato un guerrafondaio durante i mesi in cui ha approvato la sacrosanta linea del precedente Governo? Nel suo intervento alla Camera Conte non ha detto: “ho sbagliato a sostenere Draghi in quelle scelte”. Quindi tecnicamente non è pentito di quel che ha fatto. Non essendo quindi un guerrafondaio pentito potrebbe essere un guerrafondaio “dissociato” che non ammette il suo errore ma prende nettamente le distanze da chi continua a perseguire le politiche che lui aveva approvato?
Non è il caso di arrovellarsi la mente cercando di capire se Conte sia un guerrafondaio di ieri o avant’ieri. Conte non è un guerrafondaio come non lo è nessuno né in questo Parlamento né in quello che lo ha preceduto.
Aiutare militarmente gli ucraini vittime di una feroce aggressione significa impedire al vero guerrafondaio, cioè Putin, di prendersi con la forza ciò che non è suo. È molto semplice. Questo non significa rifiutare la via diplomatica. Ma mentre le bombe cadono sulle case e gli ospedali e non su obiettivi militari, mentre Putin usa la strategia del freddo del buio, Conte cosa propone di fare? Stare a guardare, abbandonare gli ucraini al loro destino, lasciarli massacrare da Putin, così la pace è più vicina e le anime belle possono sentirsi in pace con se stesse?
Giuseppe Conte ci ha abituati a giri di valzer non sempre eleganti. Ci sta che faccia il “guerrigliero” in difesa del reddito di cittadinanza, e di altre bandierine del suo Movimento. Ma quando si parla di guerra e pace da un ex Presidente del Consiglio è lecito aspettarsi maggiore equilibrio anche nel lessico e nell’eloquio retorico. Faccia pure il comandante rivoluzionario, ma si risparmi questi eccessi che servono ad eccitare gli animi e confondere le menti. Non abbiamo bisogno di un linguaggio “guerrafondaio”.