L’inflazione a giugno cresce dell’1,7% su base annua. Pesano alimentari, viaggi e tempo libero. I consumatori: “Stangata da oltre 700 euro per chi ha figli”
A giugno 2025 l’inflazione torna a salire, seppure con un ritmo contenuto. L’Istat conferma che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, è aumentato dello 0,2% rispetto a maggio e dell’1,7% su base annua, in linea con la stima preliminare. Un valore che, se preso da solo, può sembrare modesto, ma che nasconde dinamiche più profonde che impattano in maniera diretta e crescente sul bilancio delle famiglie, soprattutto durante il periodo estivo. Ad allarmare sono soprattutto i rincari delle voci legate alla vita quotidiana e al tempo libero, che esplodono nei mesi in cui le famiglie si spostano, viaggiano e consumano di più. Il Codacons parla esplicitamente di “stangata sulle vacanze estive”, puntando il dito contro l’incremento generalizzato delle spese legate al turismo. L’associazione calcola che l’inflazione registrata a giugno si traduca in un esborso aggiuntivo medio annuo pari a 559 euro per una famiglia tipo, e che salga fino a 761 euro per un nucleo con due figli. L’allarme è reale, e riguarda una fetta sempre più ampia di popolazione. “Tutte le principali voci del comparto turistico risultano in crescita”, avverte l’associazione, che ha monitorato le tariffe in parallelo ai dati dell’Istat: i voli nazionali sono rincarati del 38,7% rispetto allo stesso mese del 2024, i traghetti del 19,6%, i pacchetti vacanza dell’8,7%. Alberghi, villaggi e case vacanza mostrano aumenti compresi tra il 2,9% e il 5,9%, mentre persino i costi legati al tempo libero, come piscine, palestre e parchi divertimento, segnano +7,7%.
Il fenomeno non si ferma qui: ristoranti, bar e gelaterie fanno segnare un +3,8% su base annua. Anche la cultura diventa meno accessibile, con i biglietti di musei e monumenti storici saliti del 4%. Un impatto generalizzato che finisce per erodere la capacità di spesa delle famiglie in un momento in cui, complice la stagione, la propensione al consumo è storicamente più alta. “Si tratta di rincari del tutto ingiustificati”, denuncia il Codacons, “e certificano una dinamica di aggravio che rischia di compromettere le vacanze di milioni di italiani”.
Dinamica inflazionistica complessa
Le cifre diffuse da Istat evidenziano una dinamica inflazionistica complessa. A trainare l’aumento del Nic sono soprattutto i prezzi dei beni alimentari non lavorati, passati da un incremento del +3,5% al +4,2% in un solo mese. Anche i servizi relativi ai trasporti accelerano (da +2,6% a +2,9%), mentre si attenua la discesa dei prezzi dei beni durevoli (da -1,1% a -0,8%). I Beni energetici regolamentati, dopo mesi di forte rincaro, rallentano il passo: la variazione passa da +29,3% a +22,6%. Parallelamente, l’inflazione di fondo, al netto di energetici e alimentari freschi, cresce lievemente, dal +1,9% al +2,0%, un segnale da non trascurare. A preoccupare è anche l’andamento del cosiddetto ‘carrello della spesa’. Secondo i dati dell’Istituto di statistica, la variazione su base annua passa dal +2,7% di maggio al +2,8% di giugno. Un valore apparentemente minimo, ma che tradotto in spesa reale equivale a centinaia di euro in più a fine anno. La spesa alimentare, infatti, è il capitolo più critico. L’Unione nazionale consumatori, attraverso il suo Presidente Massimiliano Dona, parla di una “stangata silenziosa. Il tasso di inflazione dell’1,7% significa per una coppia con due figli una spesa aggiuntiva di 630 euro l’anno, di cui 337 solo per beni alimentari e prodotti essenziali”. Per una famiglia con un figlio si sale a 569 euro, per una media generale di 453 euro in più su base annua. “Aumenti continui e non rinviabili che colpiscono soprattutto le fasce più fragili, a basso reddito”.
L’indagine dell’Istat evidenzia infatti che l’inflazione colpisce in modo diseguale. Le famiglie con capacità di spesa più bassa subiscono un’inflazione al 2%, contro l’1,8% di quelle con maggiore disponibilità economica. Un paradosso, se si considera che chi ha meno spende proporzionalmente di più per beni primari, proprio quelli soggetti agli aumenti maggiori. E i rincari, anche in questo settore, non lasciano spazio a dubbi: il burro costa oggi il 19,7% in più rispetto al 2024, il caffè addirittura il 24,8%, il cacao il 21,3% e il cioccolato il 12,9%. Non va meglio con formaggi (+6,3%), uova e frutta fresca (+7,2%), agrumi (+15,8%), pesche e nettarine (+13,5%), pomodori (+7,4%) e persino gelati (+4,6%).
Un trend continuo
“È un trend che prosegue da mesi e si aggrava con l’arrivo dell’estate”, spiega Gabriele Melluso, Presidente di Assoutenti. “Le famiglie non possono fare a meno di questi beni, e l’aumento della domanda stagionale acuisce la crescita dei prezzi. Serve un’attenzione particolare da parte del governo”. Secondo l’associazione, gli aumenti sono ormai strutturali e coinvolgono interi settori della spesa primaria. I listini dei generi alimentari non lavorati crescono oltre il 4%, mentre l’inflazione complessiva dell’Ipca (l’indice armonizzato europeo) sale a +1,8% su base annua. A livello congiunturale, l’incremento mensile dell’indice generale è dovuto soprattutto ai servizi relativi ai trasporti (+1,1%), ai servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,9%), ai beni alimentari lavorati (+0,3%) e ai servizi relativi all’abitazione (+0,3%). Sono invece in calo i beni energetici regolamentati (-3,0%), i non regolamentati (-0,7%) e i beni alimentari non lavorati (-0,4%). Nel complesso, l’inflazione acquisita per il 2025 è al +1,4% per l’indice generale e +1,8% per la componente di fondo.
Il dato finale dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, al netto dei tabacchi, mostra un aumento dello 0,1% su maggio e dell’1,5% su giugno 2024. È un altro indicatore che conferma una dinamica generalizzata di aumento dei costi che incide direttamente su milioni di famiglie italiane. Il secondo trimestre dell’anno vede l’aumento più marcato proprio nelle famiglie con livelli di spesa più bassi: un ulteriore elemento che evidenzia il rischio crescente di diseguaglianza economica.
La richiesta
Le associazioni dei consumatori chiedono ora al governo misure urgenti e strutturali: controlli sulle tariffe turistiche, riduzione dell’Iva su alcuni beni di prima necessità, maggiore trasparenza dei listini, un potenziamento degli strumenti di sostegno per le fasce più fragili. “Non possiamo permetterci un’estate all’insegna dell’austerità per chi già fatica ad arrivare a fine mese”, spiega Dona. “Servono risposte immediate e concrete. Perché quest’anno, più che mai, partire ha un costo. E per molti, è un costo troppo alto”.