La mancanza di pioggia e acqua peserà anche sulla olivicoltura italiana nella stagione 2022-2023. Piante in stress idrico, foglie scottate e ingiallite, meno olive e più piccole sono gli effetti della eccezionale siccità di quest’anno che secondo le stime Cia-Agricoltori Italiani potrebbe portare a un calo del 30% sulla produzione di olio italiano. E se non bastassero gli effetti del clima, sui nostri ulivi incombe anche la minaccia della mosca olearia, il parassita più preoccupante per gli uliveti italiani. In fase di pre-raccolta in autunno, il pericolo insetto potrebbe, infatti, danneggiare ulteriormente la quantità e la qualità delle produzioni.
Un dramma anche spagnolo
Un problema che si rifletterà su tutti i mercati internazionali, perché la nostra produzione nazionale incide per il 15% su quella mondiale, essendo noi il secondo esportatore dopo la Spagna. Ma il nostro principale competitor iberico non se la passa certo meglio. Anche la Spagna ha subito tre ondate di calore eccezionali da maggio, che hanno indebolito i raccolti che già soffrivano per un inverno secco in maniera anomala. Secondo le stime dei tecnici spagnoli, la produzione di olive sui terreni irrigati non supererà il 50-60% della media degli ultimi cinque anni, mentre sui terreni non irrigui non supererà il 20%. “Gli ulivi sono molto resistenti allo stress idrico”, spiega Juan Carlos Hervas, del sindacato agricolo Coag, ma quando la siccità diventa estrema “attivano dei meccanismi di protezione: non muoiono, ma non producono nulla”.
In crisi tutta la produzione Ue
Un problema che rischia di allargarsi anche al resto d’Europa. Secondo le stime del Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti (Usda) le produzioni di olio di oliva in Ue-27 sono previste in calo del 9,8%, per una resa complessiva pari a 2,02 milioni di tonnellate. Sostanzialmente invariato l’import per 0,18 milioni di tonnellate e in calo del 5,7% l’export. E le conseguenze non possono che essere, oltre all’assottigliarsi delle scorte, il rialzo dei prezzi.
L’Outlook Agricoltura della Commissione Europea appena diffuso ipotizza costi dei consumi superiori alla media degli ultimi cinque anni, trascinati anche da quelli degli input, logistica e trasporti e prezzi di altri oli e grassi sostenuti. Anche i listini dell’olio, infatti, hanno, risentito dello choc legato all’invasione russa dell’Ucraina. In Spagna e Grecia i prezzi nazionali dell’olio extravergine di oliva si aggirano intorno ai 340 euro/100 chilogrammi, pari a +16-19% sopra la media quinquennale, mentre in Italia se una bottiglia da 0,5 litri prodotta nel 2021/22 poteva costare 4 euro, nel 2023 dovremmo trovarla sugli scaffali a non meno di 6,33 euro, con un aumento che sfiora il 40%.
Aumenti del 20-30% sull’extravergine italiano
È probabile che la filiera si faccia carico di parte di questi aumenti per cercare di contenere i rincari, ma sono comunque possibili aumenti del 20-30% per l’olio extra vergine di oliva italiano. È evidente che per la salvaguardia di uno degli ingredienti più importanti della dieta mediterranea cosi come di tutti i prodotti che derivano dalla coltivazione della terra non sia più procrastinabile ripensare a una migliore gestione del suolo, con tecniche volte al contenimento delle perdite idriche, perché le condizioni climatiche di quest’anno potrebbe non rappresentare una eccezione.