I mali del Paese segnalati dal Censìs hanno un risvolto in un patrimonio di idee, progetti e valori che possono essere liberati e sostenuti dal ritorno dei grandi partiti
La crisi del ceto medio, le acute disuguaglianze devono essere superate per ridare vigore ad una visione e sforzo popolare che ridiano forza allo Stato e alla Nazione
Ceto medio in crisi, redditi reali in calo e paura di guerre e migranti, la scuola come una “fabbrica degli ignoranti”, la sfiducia crescente nei sistemi democratici: è l’Italia che “galleggia” così come definita nel rapporto Censis 2024. Una narrazione sociologica dell’Italia che rappresenta un Paese assediato da mali, ritardi e ignoranza che ne corrodono il presente e le fondamenta. Come una nave priva di rotta, senza equipaggio e comandate, finita in un gorgo e prossima ad affondare. C’è da chiedersi è proprio così? Davvero l’Italia e i suoi cittadini sono una bizzarra esposizione di incapacità e incongruenza?
Dalla auto critica alle eccellenze
D’altronde siamo il Paese incline all’auto critica, ma forse proprio perché siamo una grande Nazione possiamo permetterci punte di autocommiserazione tali che altri Paesi rigetterebbero con sdegno. Come sempre nel rapporto Censis si sottolineano realisticamente i punti di arretratezza, i limiti e le manchevolezze, ma questo “affresco” ha anche un suo risvolto speculare. Noi vogliamo porre in evidenza anche questa Italia, il cosiddetto “sistema Italia”, cioè quella buona parte del Paese che dimostra nei fatti di valorizzare le proprie capacità e avere una visione del futuro. Ci sono numerosissimi giovani talenti, ci sono cittadini comuni che si dedicano alla solidarietà, all’altruismo, che hanno senso civico. Giovani che hanno passione per lo studio, altri che si dedicano con impegno nel sociale, nello sport, nella ricerca. Così come possiamo vantare una agricoltura e un agroalimentare che esporta nel mondo prodotti di qualità; abbiamo maestranze al lavoro nel mondo apprezzatissime per la precisione del loro lavoro; così come il grandissimo – mai valorizzato appieno – mondo delle piccole e medie imprese dell’artigianato, della meccanica di precisione, della gioielleria, della moda, che sono considerate come sinonimo di perfezione e bellezza.
I mali della fine della crescita sociale
Il Censis indica le noti dolenti della crisi del ceto medio, l’arretramento della perdita del potere di acquisto e della denatalità, naturalmente, sono fatti reali, ma andrebbero anche contrapposti altri dati altrettanti concreti. Ad esempio, che c’è qualcosa che non va nella ripartizione della ricchezza, dal momento che dal 2023 al 2024, il numero di italiani con un patrimonio superiore al miliardo di dollari è salito di 6 unità, passando da 56 a 62, pari a un incremento di circa il 10%. Inoltre la ricchezza dei Paperoni ‘vale’ l’8,4% del Pil (che per il 2024 l’Fmi stima in 2308 miliardi di dollari). A questo dato aggiungiamo il suo contrario ossia come la classifica di Eurostat non premia l’Italia. Il 34% delle persone intrappolate nelle difficoltà finanziarie lo era già a 14 anni, mentre la media europea è del 20%.
Tornare alla inclusione dei Partiti
Sono dati che fanno emergere un problema di equità sociale, dove a farne le spese sono gli indigenti e il ceto medio produttivo che si è impoverito. Una torsione sociale evidente e lo è da quando non c’è più nel Paese la mediazione dei grandi partiti della prima Repubblica. Dove le istanze sociali erano ben presenti nelle agende dei partiti. Giusto per essere precisi, erano tempi in cui i segretari di partito: come Moro, Andreotti, Forlani, Berlinguer, Craxi, o un Almirante, avevano più potere e prestigio di ministri e primi ministri. Perché dalle sezioni alle Assemblee nazionali emergevano richieste e impegni che non solo i Governi ma anche le grandi imprese, e gruppi statali dovevano tener fede, non a parole ma nei fatti.
La crisi Stellantis una lezione
Sul filo di questa traiettoria politica il caso Stellantis con la prima Repubblica non sarebbe potuto accadere fino al punto di oggi, dove il Il gruppo nato dalla fusione fra Fiat-Chrysler e Peugeot si è rivelato, come sottolineano gli analisti, a lungo una macchina da soldi. Dalla fondazione nel 2021, Stellantis ha distribuito ai soci circa 23 miliardi. La crescita degli utili però va di pari passo, con l’aumento dei prezzi delle vetture, con la crisi delle vendite e un piano di rilancio che ha scontentato dipendenti e Governo. Da ricordare l’ampio ricorso del gruppo alla cassa-integrazione in Italia.
Stellantis, tra il 2021-2024, ha raddoppiato la CIG che è raddoppiata arrivando a 983,9 milioni di euro, di cui 703,4 a carico dell’Inps e solo 280,5 per Stellantis. Stesso percorso è accaduto nella sanità pubblica vittima di tagli di ogni genere, mentre, negli ultimi dieci anni, tra il 2013 e il 2023, si è registrato un balzo del 23% in termini reali della spesa sanitaria privata pro-capite, che nell’ultimo anno ha superato complessivamente i 44 miliardi di euro.
Un patrimonio di idee e valori
Sono cifre che spiegano, quello che il Censis sottolinea ossia: per il 68% dei cittadini le democrazie liberali non funzionano più. Non fanno più presa perché non c’è più quella attesa partecipazione delle persone, quella inclusione alle scelte. La politica – più che il Governo del premier Meloni che dimostra di raggiungere obiettivi e stabilità -, è chiamata ad una riflessione seria e concreta. L’abbiamo scritto nel passato, e ci torniamo volentieri. Tocca alla politica ripristinare luoghi di dibattito che erano le sezioni. Spazi dove recuperare quella spinta democratica e di partecipazione, dove selezionare e fare emergere classi dirigenti nuove e all’altezza dei tempi. Dove elaborare strategie sociali, economiche, di welfare che devono poi trasmigrare dai partiti ai Governi. Quello che serve all’Italia è ritrovare quel dialogo sociale oggi frammentato e attraversato da troppe voci solitarie, serve una visione comune. Può farlo la politica quella che parte dal basso e non dalle élite che appiano sempre più distanti da quel patrimonio di idee e valori che l’Italia ancora possiede.