Tra morti e feriti il bilancio dei festeggiamenti dell’ultimo dell’anno 2023 assomiglia più a un bollettino di guerra che a un tripudio di gioia. Nonostante le precauzionali campagne di sensibilizzazione istituzionali, che invitavano a un acquisto e a un uso consapevole dei “botti di capodanno”, anche quest’anno gli italiani non hanno voluto rinunciare a un trionfo di fuochi d’artificio, petardi e, a quanto pare immancabili, “proiettili vaganti”. I numeri allo stato attuale, secondo i dati divulgati dal Dipartimento di pubblica sicurezza, indicano un morto e 274 feriti, di cui 12 dovuti all’uso di armi da fuoco e 262 da fuochi d’artificio, con un aumento di incidenti del 52% rispetto allo scorso anno in cui i feriti furono 180. 64 sono minori. Negli ultimi dieci anni non si sono registrati mai così tanti feriti con prognosi riservata.
Non me ne voglia l’industria pirotecnica, ma i reportage che abbondano sui social e nei Tg restituiscono una fotografia di un Paese che sembrerebbe aver voglia più di sfogare rabbia e frustrazione accumulata nell’anno che di festeggiare. E questo tralasciando tutti gli oneri di un tale eccesso, che vanno dalla sicurezza personale di umani e animali, ai danni ambientali fino alla spesa non indifferente, che magari spinge le persone a rivolgersi a fornitori poco raccomandabili pur di partecipare faraonicamente alla guerriglia urbana della mezzanotte. Soldi che basterebbero a sfamare tutti i senza tetto d’Italia.
Oltre all’impatto diretto dei boati e delle esplosioni sugli umani, soprattutto se anziani, ma anche sugli animali domestici e sulla fauna selvatica, e ai pericoli “a scoppio ritardato” degli ordigni inesplosi che mettono a repentaglio i bambini curiosi, c’è un’altra minaccia di cui non si tiene minimamente conto: l’inquinamento ambientale. La concentrazione e il numero di petardi, mortaretti, fischioni e altri dispositivi che vengono fatti esplodere nella notte di San Silvestro sono infatti talmente elevati che, come spiega il WWF, l’inquinamento atmosferico delle città raggiunge i livelli delle peggiori giornate funestate dalle polveri sottili (PM 2.5 e PM10). In alcuni casi si raggiungono centinaia di µg/m³ di particolato sottile, concentrazioni che abbattono l’indice di qualità dell’aria (AQI) che respiriamo. Le polveri finissime che si generano sono le più dannose per la salute per il diametro infinitesimale, che permette loro di penetrare in profondità nell’apparato respiratorio, fin negli alveoli polmonari, dove possono scatenare un ampio ventaglio di condizioni che spaziano dalle irritazioni fino agli enfisemi e ai tumori. Esacerbano anche il rischio di eventi cardiovascolari e mettono a repentaglio chi soffre di asma.
Questo dovrebbe bastare a ricordarci che ogni diritto e ogni libertà individuali trovano l’inevitabile limite nelle libertà e nei diritti altrui. L’usanza dei fuochi d’artificio nasce dalla antica credenza pagana che scoppi e rumori molto forti aiutassero a scacciare gli spiriti maligni e le negatività prima dell’arrivo del nuovo anno. Ma più che un legittimo rito apotropaico, davanti alle esagerazioni cui assistiamo ogni anno, a me torna alla memoria un film profetico di cui probabilmente le nuove generazioni hanno perso traccia, Rollerball del 1975. In un mondo in cui non esistono più nazioni, guerre, crimini, violenza o povertà i reggenti creano una fonte di svago per le masse rappresentata da uno sport estremamente violento, Rollerball appunto, usato come instrumentum regni e sublimazione della guerra stessa. Un luogo dove sfogare tutte le frustrazioni e gli istinti violenti insopprimibili dell’uomo, che sembrerebbero sopravvivere in qualsiasi condizione sociale, anche la più felice. Parimenti, la propensione verso modi di festeggiare caratterizzati dal bisogno di fare gran chiasso e che in qualche modo riproduca gli effetti di una esaltazione e di una sbornia collettiva a me sembra più accentuata nelle persone che nella vita quotidiana sono maggiormente afflitte da problemi con il proprio mondo interno. Persone che hanno bisogno di riscattarsi da una vita che non li soddisfa e che sono alla ricerca spasmodica di un qualche momento di esuberanza e di protagonismo, costi quel che costi, dita di bambini comprese se non addirittura vite umane.