Il Paese vittima di errori e approssimazioni di chi ha bloccato la ricerca di gas e si è opposto ad una transizione ecologica realistica. Green e idrogeno saranno il futuro, ma oggi se vogliamo evitare un’Italia in ginocchio, è necessario avere un’autonomia energetica. Essere Verdi significa soprattutto essere saggi e lungimiranti.
Se una parte dell’energia fosse prodotta dalla retorica e dalle parole al vento in Italia non avremmo nessun problema. Perché per anni, assecondando avventure e scorribande politiche, abbiamo fatto del discorso strategico come l’approvvigionamento energetico, un dibattito privo di realismo all’insegna del tutto Green, tutto alternativo, tutto fuori dal “mio giardino”. Il risultato è che oggi, dopo il diktat russo sul pagamento in rubli del gas e l’ipotesi di un blocco di forniture, ci troviamo in una situazione di “allerta” energetica in attesa del prossimo passo che sarà di “emergenza” e quindi razionamenti ed energia da distribuire a singhiozzo con uno scenario per famiglie e imprese di gravissime difficoltà. C’è chi parla anche di una situazione catastrofica perché sui 70 miliardi di metri cubi di gas che importiamo ogni anno, la Russia pesa per il 40%. Farne a meno non sarà facile se non impossibile mentre per recuperare il tempo perso e avere l’autonomia energetica serviranno anni. Eppure questo tema, su quale oggi si sorvola per evitare tensioni nel Governo, va affrontato con obiettività e soprattutto realismo per capire come uscire dall’angolo in cui ci siamo cacciati.
Crisi, consumi e necessità
Per usi civili, per le imprese e per produrre elettricità l’Italia consuma mediamente più di 70 miliardi di metri cubi di gas l’anno, di cui circa il 40% viene comprato dalla Russia. Nel 2021 da Mosca l’Italia ha ricevuto 28,8 miliardi di metri cubi. Pur aumentando l’approvvigionamento di gas da Paesi come Algeria e Libia e pur ricevendo quanto più possibile gas naturale liquefatto (GNL), l’Italia potrebbe disporre al massimo di 58,4 miliardi di metri cubi di gas. Ne mancheranno altri 12 che non è chiaro dove si prenderanno. Si parla di rigassificatori che dovranno essere messi in funzione. Di due navi metaniere dove stoccare il gas che l’America ha detto che ci invierà. Ma saremo ancora in deficit per 8 miliardi di metri cubi. Inoltre per l’autonomia energetica l’Italia dovrà attendere diversi anni. Cosa accadrà bei prossimi giorni?
Allarmi e misure previste
Dai numeri elencati scaturisce il “Preallarme” (“early warning”), scattato dal primo aprile per l’Italia. Secondo il “Piano di emergenza del sistema italiano del gas naturale”, – che porta la data del 30 settembre 2020 -, i livelli sono tre. Nel primo già ci siamo, e significa che non ci sono blocchi nel flusso di rifornimenti ma bisogna comunque prevedere scenari e rischi peggiori. Infatti, al primo blocco di import anche solo temporaneo – non solo dalla Russia ma da uno dei paesi da cui importiamo, ad esempio Algeria e Libia -, l’aumento di rischio porta direttamente l’Italia alla fase due, ossia al “pre allarme”. Il che significa – se non ci saranno compensazioni immediate nei rifornimenti – si passa al terzo livello quello che ci condannerebbe al razionamento. Lo stato di “allarme” scatta quando il mercato non può funzionare. In questo caso si deve mettere mano alle riserve, e rivedere tutti i parametri del consumo di gas per usi civili e produttivi. Come il ridurre drasticamente i consumi, la sospensione dell’obbligo di fornitura verso i clienti non tutelati, sospensione della tutela di prezzo, utilizzo dello stoccaggio strategico, interrompibilità del gas per alcune industrie. Per l’Italia ma anche per il resto d’Europa significa stop alla crescita, balzo dell’inflazione e costi di beni energetici e alimentari che salirebbero a livelli mai visti prima. Una situazione per noi impensabile.
Prestare attenzione
Su questi scenari che vengono aggiornati ora dopo ora si sono confrontate diverse ipotesi. La più realistica è quella del presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, che da anni invita alla cautela sui facili entusiasmi e la disponibilità immediata di energie rinnovabili e green, contro l’abbattimento di fonti energetiche fossili. Se da un lato è vero che un improvviso stop al gas russo al momento è poco attendibile, perché tutti sono terrorizzati dal tagliare le importazioni, dall’altro l’effetto “sarebbe insostenibile, il prezzo supererebbe i 300 euro per megawattora e l’inflazione schizzerebbe al 14%. Però”, avverte Tabarelli, “siamo in una guerra e tante volte negli ultimi mesi sono stato smentito dai fatti, quindi bisogna stare attenti, perché qualsiasi cosa può succedere”.
Verdi con saggezza e realismo
In questi mesi il dibattito su come attuare una Transizione ecologica ha acceso, per fortuna, i riflettori su ipotesi più realistiche, meno retoriche e politicamente fantasiose. C’è oggi una consapevolezza maggiore su i passi da fare. Se il futuro è l’idrogeno, il vento e l’energia solare, ben vengano il nuovo e il pulito. Ma oggi abbiamo il dovere di procedere con attenzione per evitare di arrivare in un pericolosissimo vicolo cieco. Se non vogliamo in questa emergenza tornare al carbone e se rifiutiamo il nucleare, dobbiamo puntare sul gas nazionale. Ci sono giacimenti in terra ferma e marini, che possono essere sfruttati o potenziati. Ci sono tecnologie adeguate che riducono l’inquinamento.
Ora ci troviamo nello sconcertante paradosso – costoso e capriccioso – di far venire navi gasiere dagli Stati Uniti o di spedire tonnellate di spazzatura per alimentare i termo valorizzatori in altri Paesi. Se solo si calcolano i costi, l’inquinamento dovuti alla movimentazione di gas e spazzatura, e rischi connessi, ci sarebbe da chiedersi dove la politica per interesse o per stupidità, ha sbagliato? Chi ha illuso il Paese con le frottole? Fare un po’ di luce sulle responsabilità sarebbe già un bel un passo avanti. Possiamo essere Green e Ambientalisti, ma con saggezza e prudenza, come detto il futuro va costruito con idee e progetti senza dimenticare la realtà, che oggi non è bella.