Pil in crescita e ricchezze per pochi nei Paesi in armi, mentre Italia, Francia e Germania sono sotto l’1%
Le economie dei Paesi in guerra di Ucraina, Russia e Israele segnano una consistente crescita del Prodotto interno lordo mentre per Germania, Francia e Italia – nazioni che sono in pace -, le previsioni sono modeste, al di sotto dell’1%. È quanto emerge dagli ultimi dati economici che mostrano uno scenario paradossale. Temi finanziari passati in sordina sovrastati dalle drammatiche notizie di guerra, ma che meriterebbero più di una riflessione. Ad iniziare dal fatto che le guerre generano milioni di nuovi poveri e famiglie ridotte alla fame e nuove élite di super ricchi.
Economie in tempi di guerra
Stando alle notizie dell’ultima ora con l’analisi della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers), il Pil dell’Ucraina viaggia verso una crescita del 3% per salire al 6% nel 2025. Entrando nel merito c’è da rimanere interdetti o almeno sorpresi. La Banca ha lasciato invariate le previsioni dal precedente rapporto pubblicato nel settembre 2023. Secondo le stime la ripresa delle esportazioni e l’espansione della produzione militare nazionale genererà crescita economica nel Paese. Secondo la Bers, nel 2023 il Pil ucraino – malgrado i rovinosi attacchi della Russia ad importati infrastrutture logistiche ed energetiche – è cresciuto del 5,3 per cento. Stesso discorso per la Russia, in questo caso la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo per Mosca ha rivisto al rialzo le precedenti stime con un Pil che sale dall’1 al 2,5 per cento nel 2024. In Medio Oriente, invece, il Prodotto interno lordo di Israele è aumentato del 3,3% nel primo trimestre 2024, con un incremento tendenziale del 14,1% su base annua. L’ultimo dato conferma questa proiezione, precisamente l’economia israeliana è cresciuta del 14,1% nel primo trimestre 2024, dopo la forte contrazione registrata alla fine del 2023 in seguito all’inizio della guerra a Gaza con il gruppo islamista palestinese Hamas per l’aggressione subita lo scorso 7 ottobre. L’Ufficio Centrale di Statistica aveva “previsto” un rimbalzo, ma si è constatato che la crescita è maggiore di quanto stimato dalla maggior parte degli analisti. I consumi pubblici sono aumentati del 7,1%, dopo l’aumento senza precedenti dell’86% nel trimestre precedente, e rimangono elevati, principalmente a causa delle spese per la difesa. I consumi privati sono aumentati del 26,3% dopo il crollo del trimestre precedente, così come gli investimenti in immobilizzazioni sono aumentati del 49,2%. C’è da osservare che nonostante la crescita significativa, la ripresa è inferiore ai dati degli anni passati quando l’economia israeliana faceva registrare performance elevate.
L’economia in tempi di pace
Nelle nazioni europee l’economia stenta ancora a ritrovare la via di una vera ripresa. La Commissione europea prevede una crescita in Italia con un Pil dello 0,9% (era +0,7% nelle precedenti previsioni). Limate anche le attese sul 2025 che sono ora di una crescita dell’1,1% (erano dell’1,2%). Eppure con appena lo 0,9% l’Italia si ritrova in cima alla classifica europea, superando Germania e Francia. Nel merito di numeri e percentuali per la Germania, la Commissione europea prevede che nel 2024 l’economia tedesca non crescerà oltre lo 0,1%, mentre nel 2025 crescerà dell’1%, il livello più basso del continente. Per la Francia la Commissione Ue vede per quest’anno una crescita pari allo 0,7%.
Profitti, conflitti e paradossi
Visto con gli occhiali dell’economia e della logica dei profitti delle armi, “Guerra e Pace”, si oppongono a colpi di paradossi. Fino a quella espressione che vale per una minuscola fetta di popolazione supericca e di Stati che traggono beneficio dei conflitti, che suona come il titolo di un film italiano tragicomico: “Finché c’è guerra c’è speranza”. È il mondo delle oligarchie, delle corruzioni, delle ricchezze stellari, che si ottengono con armi e distruzioni.
Sulla sponda opposta per milioni di cittadini inermi invece la guerra è paura, violenza, fame, morte. Per i giovani il fronte significa (ieri come oggi) perdere la vita e ogni speranza.
L’economia di guerra prospera, genera fortissime disuguaglianze e non teme le sanzioni, perché dalla sua ci sono flotte di navi fantasma che solcano indisturbate i mari, importazioni ed esportazioni di armi con triangolazioni tra Paesi amici, banche compiacenti presenti in regimi totalitari che garantiscono prestiti e denaro. Lo sviluppo di mercati paralleli di oro e diamanti sono beni da scambiare sui mercati e non mancheranno gli acquirenti.
Il motto del mondo della guerra è quello che in fondo la “forza ha sempre ragione”, così come il denaro.
Il dialogo delle ragioni umane
Dall’altra parte c’è chi predica la pace e la mitezza, come Papa Francesco, e c’è chi spera di aprire spiragli diplomatici per trovare la via difficile di un negoziato o favorire la riapertura di un dialogo. Tutte strade in salita, tutte parole che rischiano di rimanere vane. Nelle guerre si sbandierano ideologie e si predica la forza, nella pace si cercano ancora i valori umani che possono accumunare i nemici. Una via strettissima fatta di impegno e cocenti delusioni, ma sempre meglio del percorrere strade coperte di sangue e di violenze disumane.