Fisco, Crif e debiti inesigibili. Il Magazzino dei crediti tocca 1.200 miliardi. Nessuno pagherà. La storia di un ex artigiano 80enne a cui sono stati chiesti 500 mila euro
Le storie di piccoli pagamenti non onorati, di famiglie e di artigiani in difficoltà segnalati come “cattivo pagatore”, il girone infernale di accesso al credito sbarrato, sono ormai piene le cronache. Ad iniziare dal fatto che in Italia il “magazzino dei crediti non riscossi”, cioè l’insieme di tasse, multe, contributi che il Fisco non ha mai incassato nell’arco di anni, ha raggiunto la drammatica o meglio, la mostruosa cifra di 1.200 miliardi di euro. Una somma, inoltre, destinata ad una crescita costante, nel 2022 era 1.153 miliardi di euro, nel 2023 1200 miliardi. Una corsa che segnala il fallimento dei metodi di riscossione e l’impossibilità di avere somme non più esigibili.
Storie tristi e realtà da studiare
Alcune vicende che emergono da questo “cimitero” di crediti inesigibili fanno riflettere e sono una sintesi di ciò che è accaduto. Storie tristi ed esemplari che a studiarle potrebbero essere da insegnamento per la politica, per il Parlamento, per quanti dovrebbe prendere atto della realtà e riformare l’intero sistema fiscale.
La cartella da 500 mila euro
Questa la storia che si svolge a Torino dove ad un ex meccanico oggi 80enne pensionato – l’officina è stata chiusa 20 anni fa – , con moglie e due figli a carico, gli è stata recapitata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione, una cartella esattoriale con una sanzione da oltre mezzo milione di euro.
L’ex artigiano ha spiegato che nel 2004 quando ha compreso che la sua attività non funzionava più ed era prossimo alla pensione, si è trovato costretto a vendere la casa di proprietà per far fronte alle spettanze dei lavoratori e a quelle dei fornitori. Oggi, racconta l’ex artigiano, non potrebbe mai riuscire a pagare quella cifra perché vive in affitto e gli sono rimasti solo i mobili. L’ex meccanismo racconta che il fisco – o meglio le decisioni degli algoritmi – avrebbe già provveduto a fare un prelievo di 700 euro sul conto del figlio che risulta disoccupato. La vicenda, inoltre, si arricchirà di nuovi episodi perché bisognerà fare luce sulla sanzione da mezzo milione, come è maturata? Cosa ha fatto scattare una cifra così esorbitante per un ex artigiano?
Si andrà avanti chissà per quanto tempo senza che alla fine – stando alle statistiche -se ne caverà un ragno dal buco.
Prestiti, debiti e segnalazioni
La corsa al debito. Dal 2016 al 2023, la percentuale di italiani con prestiti attivi è cresciuta dal 34,6% al 51,4%, un dato che indica che metà della popolazione ha debiti in corso. Il che poi significa possibili guai: se si salta una rata di 30 euro per l’acquisto a rate di un piccolo elettrodomestico si rischia di finire segnalati. La decisione come molte altre ormai è affidata ad algoritmi che lanciano numeri e nomi senza se e senza ma; una volta indicati nomi e società sono confinante in una zona d’ombra dove per uscirne (ma non è nemmeno detto) bisognerà faticare parecchio.
Azzerare per ripartire
La vicenda dell’ex meccanico di Torino ci riporta con i piedi per terra ad una realtà fatta da un lato da milioni di persone in difficoltà – basta guardare i dati della Centrale rischi finanziari – (una volta iscritto d’ufficio senza che nemmeno sia stato informato il debitore è isolato, si chiudono per lui tutti gli accessi al credito) e, nel contempo dopo l’invio di milioni di cartelle, l’Agenzia delle Entrate Riscossione, è costretta con i suoi funzionari e dipendenti a cercare di recuperare somme che sono in partenza inesigibili. Lo sono per tanti svariati motivi: cittadini defunti, imprese che non esistono più o sono fallite; persone nullatenenti e pensionate. Sappiamo che negli ultimi 20 anni si è proceduto così: l’indigenza e la povertà crescono, aumentano i prestiti attivi e la percentuale di rischi; e nel contempo sale il magazzino fiscale dei debiti accumulati. Una spirale che di fatto blocca la ripresa economica.
Il nuovo patto Stato-cittadini
Una spirale che solo la politica e il Parlamento possono bloccare. La via è chiara ma serve coraggio: ammettere che la maggior parte dei crediti non è più esigibile, nel contempo dirottare i funzionari della riscossione al recupero delle somme certe ed ottenibili; ma serve azzerare tutto ciò che non sarà mai recuperato. Lo si potrà fare mentendo a punto un condono tombale – non per reati fiscali gravi e di criminalità – che faccia ripartire chi oggi è finito nel pantano delle ganasce fiscali. Si ridarà forza a chi può rimettersi in cammino come imprenditore e come persona. Sarà una sfida non facile ma almeno sarà possibile avere un nuovo orizzonte per combattere i veri evasori e furbetti, e stabilire un patto chiaro tra lo Stato e i cittadini.