L’inverno demografico non è freddo, ma è senza gioventù.
Lo segnala anche la Cgia di Mestre che, tra l’altro, suggerisce di rimpiazzare, entro il 2027, quasi 3 milioni di addetti attivi per sostituire chi sta andando in pensione. Negli ultimi dieci anni è sceso di quasi un milione il numero dei giovani tra i 15 e i 34 anni. Ecco la constatazione degli artigiani: “questa contrazione nella fascia di età più produttiva della vita lavorativa sta arrecando grosse difficoltà alle aziende italiane. Molti imprenditori, infatti, faticano ad assumere personale, non solo per lo storico problema di trovare candidati disponibili e professionalmente preparati, ma anche perché la platea degli under 34 pronta ad entrare nel mercato del lavoro si sta progressivamente riducendo.” Insomma, la crisi demografica sta facendo sentire i suoi effetti e nei prossimi anni la rarefazione dei lavoratori più giovani è destinata ad accentuarsi ulteriormente.
Mancano 3 milioni di giovani
Dunque i numeri: tra il 2023 e il 2027, ad esempio, il mercato del lavoro italiano richiederà poco meno di tre milioni di addetti in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione. A legislazione vigente, pertanto, nei prossimi 5 anni quasi il 12% degli italiani lascerà definitivamente il posto di lavoro per aver raggiunto il limite di età. Con sempre meno giovani destinati a entrare nel mercato del lavoro, “rimpiazzare” una buona parte di chi scivolerà verso la quiescenza diventerà un grosso problema per tanti imprenditori. E oltre ad averne pochi, il tasso di disoccupazione giovanile e l’abbandono scolastico sono elevati, soprattutto nel Mezzogiorno. Insomma, i giovani italiani sono in calo, con un livello di povertà educativa allarmante e lontani dal mondo del lavoro. “E’ un quadro desolante”, scrive il centro studi di Mestre, “che rischiamo di pagare caro se, come sistema Paese, non torneremo ad aumentare il numero delle nascite, a investire maggiormente nella scuola, nell’università e, soprattutto, nella formazione professionale.”
Servono extracomunitari
E quindi le proposte degli artigiani mestrini per i prossimi vent’anni: “dovremo ricorrere stabilmente all’impiego degli extracomunitari e stabilire che il permesso di soggiorno, a eccezione di chi ha i requisiti per ottenere la protezione internazionale e di chi entra con già in mano un contratto di lavoro, andrebbe accordato a chi si rende disponibile a sottoscrivere un patto sociale con il nostro Paese. Se un cittadino straniero si impegna – continua il suggerimento della Cgia – a frequentare uno o più corsi ed entro un paio di anni impara la nostra lingua e un mestiere, al conseguimento di questi obbiettivi lo Stato italiano lo regolarizza e gli “trova” un’occupazione.” Ma gli stessi artigiani ammettono che si tratta di un’operazione “complessa” e “non facile” da praticare.
Più giovani a Trieste, Bologna e Milano
Negli ultimi dieci anni la contrazione della popolazione giovanile italiana ha interessato, in particolar modo, il Mezzogiorno. In questa ripartizione geografica la diminuzione è stata pari a 762 mila unità (-15,1%). Seguono il Centro con -160 mila (-6,6%), mentre al Nordovest (-1%) e al Nordest (-0,5%) la flessione è stata molto contenuta. A livello regionale, invece, è stata la Sardegna con il -19,9% a subire la flessione più importante. Seguono la Calabria con il -19%, il Molise con il -17,5%, la Basilicata con il -16,8% e la Sicilia con il -15,3%. A livello provinciale, infine, la realtà che negli ultimi dieci anni ha registrato la diminuzione più importante è stata la Sud Sardegna con il -26,9%. Seguono Oristano con il -24%, Isernia con il -22,2% e Cosenza con il -19,5%. In contro tendenza, invece, solo una dozzina di province. Le più virtuose sono state Trieste con il +7,9%, Bologna con il +7,5% e Milano con il +7,3%.