Fare confronti con il passato non è certo un esercizio che si affronta a cuor leggero. Sappiamo gli errori commessi e le occasioni mancate. Tuttavia, ogni inizio si fonda interrogando il passato, in modo che la soluzione dei problemi abbia maggiori certezze di riuscita. In altri versi l’esperienza attualizzata ci permette di essere in sintonia con la realtà.
Il nocciolo del nostro ragionamento è questo: la politica deve essere attenta alla dimensione reale, a quella del sociale. Quella che arriva dal basso, dal piccolo imprenditore più che dal top manager. Questa attenzione era il culto dei partiti di massa. Dc, Pci, Psi ma anche i Repubblicani e Liberali e dalla destra con il Movimento sociale italiano. C’era una lunga gavetta del militante, c’erano Centri studi a cui i parlamentari attingevano informazioni certe, c’erano i segretari di partito che dialogavano con i loro iscritti e simpatizzanti. L’organizzazione politica era un modello anche dal punto di vista di efficienza e selezione della classe di governo. Oggi abbiamo bravi, anche bravissimi leader, Giorgia Meloni è un esempio d’impegno. Ha prodotto una leadership di Governo, la prima donna presidente del Consiglio. Le scelte che dovrà attuare e mediare cadono in un panorama di incertezze e di accadimenti drammatici dalla post pandemia alla guerra, e sono decisioni complesse e strategiche per il Paese. C’è quindi da lavorare per l’Italia e i suoi cittadini. Si dirà “ovvio”.
Opinioni ridotte a gossip
Eppure ascoltando e leggendo si ha l’impressione – non solo della politica questa volta-, che le semplificazioni narrative dei grandi gruppi editoriali, contengano in sé non la volontà di approfondire, ma di muoversi su un terreno sempre più inclinato verso una comunicazione gossip e di intrattenimento. Così che anche la politica, o le iniziative di Governo e delle opposizioni, ne restano fagocitate. Tutto appare come solvibile per mezza giornata. Non c’è ragionamento o decisione che i media e social media non pieghino alla girandola di una “chiacchiera” da passatempo. Ma i fatti restano con il loro carico di domande mentre nessuno ha la bacchetta magica per cambiare la realtà con un sol colpo. La politica, anche quella migliore di analisi, studio e scelte lungimiranti, non trova voce e spazi adeguati per uscire da un perimetro ristretto quasi da “apartheid”.
Le voci di cui abbiamo bisogno
Ci sono commentatori eccellenti, per citarne alcuni, come i sociologi: Giuseppe De Rita e Luca Ricolfi, intellettuali politologi come: Massimo Cacciari, Giovanni Orsina, Marcello Veneziani, Angelo Panebianco; costituzionalisti come: Michele Ainis e Gianfranco Pasquino, Gustavo Zagrebelsky, studiosi come: Alberto Brambilla su temi nazionali e Lucio Caracciolo su argomenti geo politici, che sembra parlino al vento. Non perché non ci siano lettori e ascoltatori attenti ma perché le cose dette non vengono rilanciate per alimentare un dibattito pubblico e politico più ampio. Capace di incidere nelle scelte e nelle cose che i cittadini vivono.
Il grande esempio dei giornali di partito
Nel nostro piccolo, come giornale, fedeli al marchio di fabbrica impresso da Alcide De Gasperi puntiamo sulla “Discussione” al confronto di idee, di questioni, dando una mano a promuovere idee e progetti utili. Non abbiamo la pretesa di essere gli unici perché c’è una vivissima editoria minore che si concentra sui molteplici aspetti della vita del Paese. È una tradizione che nasce con l’impegno della editoria politica o di area politica che in Italia ha permesso un dibattito costante su tutto. Le scelte non erano nelle sole mani delle élite economiche e istituzionali, ma delle associazioni di categoria, di quelle sindacali, dei settori del volontariato e delle università.
C’era un dibattito orizzontale vivo, libero, animato, concitato. Così che due partiti come Dc e Pci con i loro rispettivi giornali mantenevano un colloquio quotidiano con i lettori sulle scelte di partito e di governo. Fino alle “lettere al direttore” che indicavano uno stato d’animo del singolo cittadino-lettore con idee e proposte intelligenti.
Sui pregiudizi vinca l’equilibrio
Il nostro auspicio per questo 2023 che si annuncia già difficile, sia il ragionare da destra a sinistra, senza pregiudizi. Sarebbe un enorme passo in avanti perché si concede alla realtà di esprimersi per le sue ragioni e non solo per le sue interpretazioni. Un augurio che facciano anche al premier Giorgia Meloni di rimanere vicina al sentimento dei cittadini, in particolare di essere in sintonia con quel vasto mondo italiano fatto di persone moderate, che ragionano con il buon senso che non hanno bisogno di slogan, gossip e iperboli “narrative”, per giudicare la qualità delle scelte e le realizzazioni del Governo. Serve oggi dar voce a questa Italia, che rappresenta un tessuto produttivo e sociale che deve essere valorizzato per le sue proposte e idee.